Velasco: “Non esistono gli invincibili, si può perdere facendo anche tutto bene: è solo retorica”

Pallavolo
Al ritorno dalla vittoria ai Mondiali in Thailandia. "Quando vinciamo tendiamo a esaltarci troppo e a diventare presuntuosi. Quando perdiamo, invece, va tutto male. Non è così"

Sembra attento a non cadere nel tranello di confondere la sua persona con il suo personaggio. “Quando una persona comincia a confondersi con il suo personaggio, è lì che comincia il declino”, le parole di Julio Velasco in un’intervista a Il Corriere della Sera, all’indomani del rientro in Italia con tutta la spedizione della Nazionale femminile di pallavolo che in Thailandia ha vinto il campionato del Mondo con una semifinale contro il Brasile e una finale contro la Turchia al cardiopalmo. In molti hanno parlato di una squadra invincibile.
“Io sono un bravo allenatore che allena una squadra forte. Gli invincibili esistono solo nella mitologia. Nella realtà esistiamo noi e i nostri personaggi. Personaggi che vivono di vita propria. Il mio, per esempio, dice cose che non ho mai detto, fa cose che non ho mai fatto, sembra possa riuscire in qualunque cosa. Ma chi fa bene il musicista non è detto che sia un buon direttore d’orchestra”. Velasco è ormai assurto alla dimensione di mito vivente: un allenatore nella vita, non soltanto in campo.
Ha vinto con la Nazionale Maschile nel 1990 e nel 1994 i Mondiali, tre Europei, argento ai Giochi di Atlanta nel 1996 e con la nazionale femminile due Nations League, oro alle Olimpiadi di Parigi 2024, il Mondiale in Thailandia. Quest’ultimo percorso culminato nella vittoria a Bangkok era cominciato nel 2023, un cammino di responsabilizzazione riflesso nelle sue parole nel tie break nella finale: “Decidete cosa fare e fatelo bene”. A quel punto le atlete italiane erano state semplicemente irresistibili.
Prima di quel momento, giocato alla perfezione, la Nazionale era apparsa più vacillante rispetto alla cavalcata trionfale di Parigi. “Non mi piace la retorica secondo cui se si fanno le cose per bene, si vince. Si può anche perdere facendo tutto bene, solo perché l’avversario ha fatto un po’ meglio. Avere cultura sportiva significa accettare anche questo”. E allo stesso modo “da calciofilo, posso dire che quando vinciamo tendiamo a esaltarci troppo e a diventare presuntuosi. Quando perdiamo, invece, va tutto male. Non è così: ricordo che l’Italia ha vinto due Mondiali quando tutti dicevano che era un disastro. Non quando andava tutto bene”.
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